Se dunque partiamo dal presupposto che Inculandia esiste, dobbiamo anche ammettere la sua intrinseca natura di periferia: essa non può che esistere se non in opposizione ad un altro luogo che si assume come centrale. Un individuo può indicare un posto e dichiararlo ‘Inculandia’ o ‘in figa all’orsa’, in ‘in culo ai lupi’ o in ‘in tanta mona’, perché egli presuppone di essere il centro, e ciò che sta ai confini del suo orizzonte visivo e culturale, invece, è inconsciamente assunto dall’individuo come periferico. Chiameremo questo presupposto culturale per cui ogni individuo dà per scontato di essere il centro del (proprio) mondo, ‘I First Position’. Ulteriori informazioni riguardo questo concetto possono essere recuperate nella famosa canzone di Frank Sinatra Life is where I am, e nella pubblicità della Vodafone Tutto intorno a te, oltre che in Cooper e Ross (1975). Ai fini del nostro studio ci basta sapere che nello spazio della dicotomia periferia-centro vive il paradosso di Inculandia, che rappresenta sì il lontano, il periferico, in termini chilometrici, ma anche l’Altro da Sé in termini di distanza culturale. Perciò non sorprende notare che gli abitanti di New York, reputata da molti il centro del mondo, considerano Bovolone City un posto in culo ai lupi. Né d’altro canto deve sorprendere che gli abitanti di Bovolone City, specialmente i più anziani, considerino l’America una strana località, esotica, in figa all’orsa.
Io vivo in una cittadina di periferia ai bordi della Lessinia, a venti chilometri dalla città di Verona. Questa cittadina è così sfigata che ha un solo locale, il Gasoline. Le sere infrasettimanali io e miei amici andiamo al Gasoline, che è il pub del paese. Il Gasoline non è un bel locale, ha un valore affettivo, è dove sei cresciuto, è il locale dei tuoi amici. Ma il sabato sera hai voglia di fare qualcosa di diverso… E allora vai a far serata in city, dove ci sono un sacco di locali: il Berfi’s, l’Alter Ego, il Jameika. Mi è capitato un sabato sera di non andare da nessuna parte e di passarlo al Gasoline, a bere mille birrini. Ho notato una cosa stranissima: dalle undici in poi il locale si è riempito di cinghios. Noi chiamiamo cinghios la gente che vien giù dalle montagne circostanti. Un cinghios della mia età, che frequenta un istituto tecnico e fa, diciamo, il pendolare Verona-Bolca, prende l’autobus alle cinque del mattino e torna a casa alle cinque del pomeriggio. Sembra assurdo, ma non ce n’è pochi e sull’argomento un tipo di Venezia ci sta girando un documentario. Comunque, quello che voglio dire è: il sabato sera il Gasoline si riempie di cinghios che calano a valle dalle montagne, dei TF belli in tiro, e che si fanno trenta, quaranta, cinquanta chilometri per venire in quello che considerano un locale di gran moda, il Gasoline.