Inurbato, ingenuo, tontolone. Tagliato fuori dal mondo. Un buon esempio di burino è Nino Manfredi in "Straziami ma di baci saziami" di Dino Risi. Il film, con tocchi di delicatezza e ironia, è la lunga storia d'amore tra Marino, barbiere di Alatri, e Marisa, una bella ragazza di Sacrofanto Marche. Prima i due tentano il suicidio perché il babbo di lei si oppone, quindi lei, ingiustamente accusata di tradimento, lo abbandona e va a Roma dove sposa un sarto sordomuto. Anche lui va a Roma, per ritrovarla o morire. Le immagini che esemplificano al meglio lo stereotipo del burino sono quelle di Nino Manfredi che arriva nella grande città, e non si sa racapezzare. In particolare i due outsider, Marisa e Marino, si esprimono in
«Un linguaggio storpiato da un generico idioma campagnolo centroitalico (con vaghe risonanze piceno-maceratesi):
“e un giorno droverò un bo’ d’amore anghe per me…” (lui), “per me che sono nullidà…” (lei), “nell’immenzidà…” (insieme).(la parte in corsivo è citata da “Regionalità e cinema” di F. Galosi e A. Olivucci ne “L’idea delle Marche - come nasce il carattere di una regione nella società dell’Italia modena -” Ed Il Lavoro editoriale, Ancona 1989.)