Il cazzaro è uno che sta lì e te la conta: «Ma ti giuro, un mio amico che studia medicina, ha comprato un libro e l’ha pagato mille euro, ma ti giuro, mille euro, l’ha pagato». Il cazzaro ti spara tante di quelle cazzate, ma tante di quelle cazzate, «Ma sì, io quella lì me la sarò fatta trenta volte. Ma io, quella lì, mi fa anche cagare», sostiene il cazzaro, quando in realtà non la conosce nemmeno. Ma il cazzaro sta lì e ti spara le sue verità, i suoi aneddoti di vita, anzi, la cosa più bella dei cazzari, sono gli aneddoti di vita dei cazzari, perché loro si creano un microcosmo, una microrealtà parallela, un universo dei sogni, che loro ti raccontano tutto quello che han fatto nella loro vita, e si creano tutto un loro background esistenziale che in realtà non esiste, ma te lo spaccia per vero, il cazzaro. Ma lo fa anche con quel che, tipo: «Ma sì, sono cose che potrei rifare ancora, ma in realtà non rifaccio perché a me mi annoiano». Va avanti ogni volta ore e ore, però te la racconta ogni volta in modo diverso, sì, perché il cazzaro è fantasioso, non furbo; lui non si ricorda di quello che dice, quindi la volta dopo te la racconta in modo differente, ma allora lì lo sgami che è un cazzaro.
[registrazione, fonte:conversazione da bar con Calamaro, primavera 2006]